"Quando il verde della terra di nuovo brillerà."
"Sugli Alberi" nasce come oggetto da sfogliare, toccare, prima che una rivista solo da leggere. Di conseguenza la sua autenticità ed il suo valore forse risentiranno un poco di questo suo formato di questa sua natura "altra" multimediale. Tuttavia crediamo sia interessante osservare l'oggetto creato contrarsi e mutarsi in tutto il contrario di ciò da cui è partito, quasi indipendente. La sua consistenza finita e solida si scioglie e si tramuta in metamorfosi: possibilità infinite di rielaborare la parola scritta, riconsiderare il concetto, avendo a disposizione, effettivamente, molte più fonti, porte, possibilità d'approfondimento o comprensione. Un infinito comporre e ricomporre i pezzi tra interpretazione e fraintendimento. Sarà infatti possibile andare così oltre il tangibile scritto da arrivare lontani lontani, fino a voltarsi per cercarlo e accorgersi di non scorgerlo più.
Questa sua malleabilità è indubbiamente uno stimolo necessario e più ampio, che, pur mettendo in crisi il suo principio, concorda con il preciso titolo d'inizio: "Sugli Alberi: Rivista di Divulgazione Artistica e Culturale". Divulgazione, ci è parso, risentiva di quella sua ristretta convocazione al possesso dell'oggetto. L'oggetto voleva essere unico e pressoché inimitabile; questa sua nuova natura on-line risponde alla volontà d'incuriosire e stimolare quante più persone possibile, sorpassando l'ostacolo della visibilità.
L'acquisizione di nuovi spazi sopra alberi virtuali rappresenta un significativo rinnovamento, un nuovo inizio. Ma di quegli inizi che non significano mai svolta o cambiamento, ma ritorno. L'approdo ad una piattaforma web corrisponde all'apertura di un ciclo all'interno del ciclo, che risale al principio e lo promuove. Tutto resta sempre contenuto nei motivi primi, nella prima pubblicazione cartacea della rivista.
Lo spirito che ispirava le iniziali scalate arboree non ha mai cessato di vivere nelle nostre parole e nei nostri progetti, in verità non ci siamo mai scostati di un solo passo dall'introduzione del primo numero. Quelle impressioni e quelle intuizioni hanno rivissuto in ogni titolo, ritornando di veste in veste a recarci visita distendendosi e chiarendosi, trasformandosi. La storia di "Sugli alberi" è quella di uno svelamento o uno sforzo di comprensione protratto, di una riflessione che ritorna costantemente spiegandosi sotto nuovi nomi, concetti, autori e collaborazioni. Ed ora nuovi formati e consistenze. L'ospitalità, l'educazione, le radici o il sacro, o ancora il riparo hanno continuato a edificare sulle fondamenta di Sugli Alberi, hanno creduto nella stessa profezia, hanno replicato le medesime intuizioni. Senza violare i confini in principio stabiliti, eppure elevandone e arricchendone l'area in modi preziosi e inaspettati.
Il numero primo di "Sugli Alberi" conserva alcune risposte in merito alla sua stessa composizione ed ai suoi motivi d'essere. Forse senza convenirne, ci siamo concentrati sul tema medesimo che avrebbe poi sostenuto metaforicamente tutti gli altri conseguenti scritti: l'uomo sulla pianta, che sceglie di vivere sugli alberi, compiendo quest'atto decisivo senza estraniarsi dalla propria realtà, ma continuando a condurre e a farsi condurre dall'uomo, come a voler comprendere meglio la realtà stessa.
Il barone di Calvino in dispregio ad un piatto di lumache s'inerpicò sugli alberi per poi scoprire, da quella imprevista prospettiva aerea, tutta una nuova bellezza della vita e decidere di non metter mai più piede sul suolo. Noi stessi siam saliti tra le chiome, per gioco o per dispetto, e abbiamo scelto di rimanervi cercando senza posa di ampliare questa nostra comunità aerea e di fornirvi altre, più esaustive spiegazioni. Il gran rifiuto, il nostro piatto di lumache è quella vita così reale ed assodata che scivola sull'epidermide delle cose, muovendosi tra significati scialbi e preordinati, monologhi e anonime nudità. Abbiam calcato il casco e imbracciato la lancia del Chisciotte per combattere quel gran mostro del Presente, che ci lascia solo produzione e ricreazione. La tirannia dell'utile e del divertissement, che si espande senza sosta, attraverso l'abitudine, l'apprendimento e la saturazione. Tutto questo sistema culturale continuo e prossimo che assumiamo in modo immediato e passivo, che viene codificato una volta per tutti sulla semplificazione e sul dominio, in schemi mediati e ridotti. S'auto-alimenta di montagne di giustificazioni in un'inespugnabile forte di prescrizioni e spiegazioni, di perché e percome. E va operando l'immane mortificazione e appiattimento delle cose e delle esperienze, come una grossa crisalide vuota e secca che non dice nessun senso, nessun per-chi ed è un inganno che, se non rassicura, nausea, svuota e annoia. Gran carré nauseabondo e viscido di lumache. Il balzo tra i rami e le foglie corrisponde alla sfida dell'immaginazione che interrompe questo sistema interpretativo predisposto. Osservare le cose da un altrove, rivoltarle, muoverle al solo per farne rifrangere tutti i riflessi multicolori e approfondirle caricandole della loro massima intensità, significatività e divinità. Il capriccio di stare sopra l'albero rappresenta l'assunzione di quella potenza ludica che mette le cose in stato d'allegoria, che apre e re-inventa, che restituisce la facoltà di creare e nominare. Coincide con il ripristino di una calda pienezza d'esistenza e di una salute di cultura, di un fervore di preghiera. La parabola di Calvino concerneva la sua nuova dimensione di intellettuale e anche la nostra: in una realtà che produce cultura attraverso tecnici specialisti che riproducono nozioni, proponiamo un esser intellettuali plurale, diffuso e inefficiente che si giustifica nella rispettiva capacità di immaginare e raccontare liberamente la realtà. Si badi a non scorgere in questi progetti intellettualismo egomane, anarchismo utopico d'élite o velleitario platonismo. Affermiamo tutto questo nella convinzione che queste siano le condizioni per esser-ci pienamente in questa realtà e in questa vita e starci insieme agli altri e per gli altri. Che solo questa comprensione possa esser profonda, accogliente ed autentica, che l'esigenza di prassi etiche e politiche scorra attraverso queste nuove proposte d'estetica. Bisogna chiamare ad una nuova fede, a nuovi miti delle cose per raccogliere la comunità, metterla all'opera, indurla alla presenza ed alla propria riscoperta. Gli alberi offrono l'ombra, il sostentamento, i nidi e le tane: riparano, nutrono, popolano togliendo dalla solitudine. La fondazione di Sugli alberi si è mossa in quella prospettiva: lanciare un richiamo e offrire uno spazio per risvegliare, radunare, ospitare. Creare nuova attività e collettività. Allo sguardo sprezzante del senso comune, scaltrito e secolarizzato potrà anche sembrare un'impresa inutile, immotivata e bislacca, quando non un vizio capriccioso e sterile. Fin da subito ci titolammo 'puerili' in onore suo e del suo giudizio, ma ci pare, a questo punto, di aver a sufficienza disinnescato questa eventuale incomprensione, chiarendo l'ironia polemica di questa nostra aggettivazione. Si quieti il tarlo dell'utile: Sugli Alberi non ha alcuna risposta soddisfacente per chi si domanda "a che serve?". Esso risponde ad altro, "a chi serve?": all'uomo naturalmente.